Intervista a Irene Facheris, formatrice, scrittrice e attivista femminista

Un dialogo con Irene Facheris, formatrice, scrittrice e attivista femminista. Fra le tante cose presidente dell’associazione non profit Bossy.

Il digitale e i social media sono potenti strumenti di divulgazione in cui possono insediarsi stereotipi e forme di violenze di genere. Insieme ad Irene ci siamo chiestə quali siano le opportunità che offrono e come contrastare il fenomeno della violenza online.

Nel 2020 sei stata inserita dal Sole 24 Ore tra le 10 donne che hanno lasciato il segno e dal Corriere della Sera tra le 110 donne dell’anno. 
Cosa in particolare ti ha permesso di meritare un riconoscimento così importante?
A causa della sindrome dell’impostore, faccio sempre un po’ fatica con i riconoscimenti, credo di non meritarli e penso ai tanti nomi esclusi da queste classifiche. Dovremmo rivedere il modo in cui diamo importanza alle persone.
Il 2020 è stato l’anno del covid, avevamo tanto tempo libero e così ho creato “Palinsesto femminista”. È stato ascoltato da tantissimə e in tantə si sono apertə a nuove tematiche, comprese grazie alle mie parole. 
In quel lungo periodo, mentre il mondo offline era in pausa, l’attenzione era prevalentemente concentrata su ciò che avveniva online. 
Non voglio sminuire il mio lavoro ma credo che questo concatenarsi di eventi abbia portato al successo del podcast. 

Sei tante cose: attivista, formatrice, scrittrice e fondatrice di Bossy. 
Raccontaci da dove è iniziata la voglia di affrontare e dire la tua su temi quali parità, stereotipi di genere, diritti LGBTQ+ e femminismo intersezionale?
Ho scoperto questi temi nello stesso periodo in cui ho iniziato a produrre contenuti per il web. Nel 2010 ho inaugurato il mio canale YouTube, inizialmente mi occupavo di video comici. 
L’anno successivo, durante il corso di laurea magistrale, seguendo “Psicologia delle Differenze e delle Disuguaglianze” ho scoperto un nuovo mondo. 
Ho compreso che ciò che vivevo e vedevo quotidianamente aveva un nome, fenomeni realmente esistenti e non solo semplici riflessioni personali. 
Mi sono resa conto della differenza fra i commenti che ricevevo io Irene e quelli che ricevevano i miei colleghi maschi. I miei, insulti sulla mia persona, i loro si riferivano ai contenuti prodotti.
Dopo il corso magistrale ho capito che quell’atteggiamento prende il nome di sessismo con una vera e propria teoria alla base. 
Il mio primo approccio all’attivismo online è iniziato nel 2016 con la rubrica “Parità in pillole”, volevo rendermi ancor più utile sfruttando la mia voce. 

Tu, nel lavoro di ogni giorno, utilizzi molto i canali digitali per affrontare queste tematiche. Quanto il digitale è uno strumento utile e significativo per te?
Non avrei fatto tutte le riflessioni che ho fatto e non avrei imparato tutto quello che ho imparato se non fosse stato per altre attiviste che ho conosciuto online.
I temi che affronto, attraverso le mie rubriche, non vengono trattati a scuola. Tantissime ragazze mi hanno scritto dicendomi che il femminismo sarebbe stato oggetto delle loro tesine di maturità.
Il vero attivismo non si fa solo in piazza ma anche online!
Internet è un canale gratuito e accessibile, il digitale è perciò un ottimo strumento per creare consapevolezza aumentando la sensibilità
Dall’online si può imparare tanto, è così che diventiamo parte attiva del mondo, siamo liberə di scegliere cosa approfondire o imparare.

Secondo il tuo punto di vista, quanto sono presenti gli stereotipi nelle nuove tecnologie digitali?
Le persone creano le tecnologie digitali e se loro stesse hanno dei bias automaticamente li trasmetteranno. Pensiamo ad esempio alle immagini e alle parole stereotipate dell’Intelligenza Artificiale; l’algoritmo è scritto da un essere umano e se nella maggior parte dei casi sono uomini è più facile che si creino discriminazioni di genere. Il vero motivo è che mancano le donne. Sempre più escluse dalle materie STEAM. La nostra cultura prevalentemente maschilista riusciremo a cambiarla solo partendo dall’infanzia, dando a bambini e bambine le stesse opportunità senza differenza di genere.

Sui tuoi social hai mai subito violenze solo perché donna?
Su YouTube ho subito violenze online con offese e insulti. Il momento peggiore è stato il 2020; le persone, specialmente maschi etero bianchi, minacciavano di uccidermi e di stuprarmi
Cito un evento molto raccapricciante che mi ha coinvolta, ormai purtroppo lo descrivo come fosse la normalità: un uomo contattò su Instagram mio padre dicendogli cosa mi avrebbe fatto se mi avesse incontrata. 
Andammo immediatamente in commissariato per porre denuncia, mi risposero che avrebbero inoltrato in ogni caso la richiesta anche se, non trattandosi di stupro, non ci sarebbero state importanti conseguenze.
Nonostante la cospicua quantità di messaggi ricevuti dall’uomo non sono mai riuscita a denunciarlo per stalking, questo perché per la legge italiana 
l’atteggiamento non modificava le mie abitudini quotidiane. Non ci sono normative che possano proteggere la violenza sessuale in ambito digitale.

In una puntata del tuo podcast “Equalitalk” hai affrontato il tema del linguaggio. Quali sono le modalità che secondo te lo rendono più inclusivo?
Quando parlo cerco di tenere in mente che mi sto rivolgendo a soggetti diversi: uomini, donne e persone non binarie. Essendo donna so che effetto fa sentirsi nominare in un mondo che di solito non ti cita mai, dato che nella grammatica italiana ha sempre dominato il maschile sovra esteso o generalizzato. Io provo a fare la stessa cosa con le altre persone cercando di sfruttare tutte le sfumature della lingua italiana, uso giri di parole per comunicare in modo inclusivo. Ad esempio: “buongiorno a tutte le persone presenti”. 

Aiuti le persone ad “allenare i muscoli razionali e a decostruire pregiudizi e convinzioni”. 
Puoi raccontarci della tua attività di formazione nelle scuole e nelle organizzazioni?
Nelle scuole e nelle organizzazioni aiuto le persone ad apprendere, molto diverso dal concetto di insegnare. L’insegnante sa e racconta; mentre io cerco di aiutare le persone a dare un nome a qualcosa che conoscono già e di cui hanno già avuto esperienza. Non ho mai un approccio giudicante. 
I ragazzə giovani hanno più voglia di apprendere e cambiare idea; mentre spesso gli adulti fanno più fatica a modificare convinzioni radicate nel tempo, figlie di una generazione e un contesto storico anacronistico totalmente diverso da oggi. 
È bello e importante sentirmi dire dalle aziende che dopo i miei corsi i discorsi davanti le macchinette del caffè cambiano.

Partire dalla formazione può essere anche un modo per contrastare il digital divide?
La formazione certo può aiutare a creare consapevolezza e contrastare il digital divide ma non basta! Il sistema di disuguaglianze cambia davvero solo attraverso l’azione concreta delle leggi. 

Restando sempre sul tema. In una puntata di un tuo podcast, Palinsesto femminista, con un ospite speciale affronti il tema dell’attivismo e l’adv. Come convivono tra di loro?
L’attivismo e l’influencer marketing possono convivere ma secondo il mio punto di vista ad un certo punto bisogna scegliere il proprio percorso per non rischiare di essere incorentə con chi ogni giorno ci ascolta.
Il tema è molto ampio, ho dedicato un intero capitolo del mio nuovo libro “Noi c’eravamo. Il senso di fare attivismo” (Rizzoli).

Digitale: femminile singolare

Parità di genere e digitale. Storie a confronto tra sfide e opportunità

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