Lorenzo ci ha raccontato come per lui sia necessario un coinvolgimento anche da parte degli uomini per un effettivo cambiamento sociale. Il primo strumento per fare questo è il web, le piattaforme social e i blog dove è possibile eprimere liberamente il proprio pensiero senza condizionamenti.
Nella tua biografia leggiamo che ti sei avvicinato al femminismo dopo aver intrapreso un percorso di profonda critica personale. Ti va di raccontarlo?
Mi sono accorto che gli studi sui femminismi e sulle questioni di genere, nell’ambito della filosofia al quale appartenevo come studente, erano molto ostacolati. Quando ho capito, grazie a molte femministe di diverse correnti, che si trattava di un vero ostracismo anche politico, ho deciso che mi sarei occupato proprio di questo problema. Prima però di affrontarlo come studio, dovevo capire in che modo poter costruire, attraverso il femminismo, un percorso di liberazione dai condizionamenti ricevuti come uomo bianco etero cisgender. Non è un percorso finito né terminabile, perché la cultura patriarcale ancora è la principale; però ho decostruito moltissimi pregiudizi e stereotipi – anche sul mio stesso genere – che inquinavano le relazioni che avevo con le altre persone e con me stesso.
Quanto il digitale è stato importante nel momento in cui hai deciso di divulgare la tua posizione/il tuo pensiero?
È stato fondamentale. Uscito da una carriera accademica che non mi era possibile impostare come volevo, ho cominciato a esprimermi su un blog, anzi su più d’uno. Attraverso questa comunicazione digitale, ho incontrato sia altre persone che lottavano nella mia stessa direzione, sia molte persone che scoprivano quanto quella direzione fosse utile anche a loro. Poi è arrivato il primo libro, poi le prime esperienze di formazione nelle scuole, nei centri sociali, in qualche azienda, e il “boom” di questi argomenti sui social, grazie ai quali ho contattato la maggior parte delle persone, delle aziende e degli enti con i quali lavoro.
In “Non sono sessista, ma… Il sessismo nel linguaggio contemporaneo" ti sei occupato anche di linguaggio contemporaneo. Per essere sempre più inclusivi come possiamo migliorare il nostro linguaggio anche in ottica di genere?
Diventando più sensibili e più consapevoli dei poteri sociali che agiamo attraverso le parole e i gesti. Solo così possiamo scoprire quanto siamo condizionatə e sottopostə, secondo i generi, a forze sociali che non abbiamo scelto, ma che magari chiamiamo “naturali” o “normali”. Invece quelle forze costruiscono gerarchie di potere opprimenti verso altre persone e verso le nostre scelte di vita, che ci illudiamo siano libere ma non lo sono affatto, senza quella sensibilità e quella consapevolezza verso i corpi degli esseri umani e come essi sono visti, giudicati, nominati.
Nel tuo blog “Questo uomo no”, ti definisci un “normale” uomo etero e il tuo attivismo si fonda sul partire da sé. Come ti sei accorto che le pratiche femministe potevano essere adottate anche dagli uomini?
Studiando e poi parlando e agendo con le altre persone ti accorgi facilmente che, tranne qualche risibile caso, tutti i femminismi sono critiche sociali rivolte a un sistema di potere, e non a un genere o a un altro. Possono essere adottate anche da uomini semplicemente perché anche gli uomini sono esseri umani. Certamente, a seconda del genere, della classe sociale, del colore della pelle, le posizioni nella gerarchia sociale sono molto diverse, ma il problema di una gerarchia opprimente e divisiva è comune a chiunque.
Secondo te, il digitale ha avuto un ruolo importante nella promozione delle pratiche femministe? Come è stato o come può essere utilizzato per promuovere queste tematiche?
È stato ed è ancora fondamentale, molto più che importante. È grazie alla comunicazione digitale che molti argomenti, esperienze e testimonianze sono state diffuse, nonostante i media detenuti da quei gruppi di potere che i femminismi hanno sempre criticato; è grazie alla presenza costante nel web che le fonti per una critica sociale non distruttiva dei pregiudizi di genere sono raggiungibili e divulgabili; è grazie alla rete se è possibile organizzare efficaci reti di supporto, aiuto e divulgazione che le istituzioni non riescono o non vogliono produrre. Il digitale è stato ed è ancora lo strumento attraverso il quale le pratiche femministe hanno evitato le forme di censura, silenziamento, distrazione e calunnia alle quali sono ancora sottoposte.