Intervista a Benedetta Balmaverde, Project Manager, Gender and Economic Justice Unit di ActionAid Italia

All’interno del programma di tutela per diritti si colloca Let’s App: la ricerca/azione - firmata ActionAid con il supporto di Fondazione Vodafone Italia - per capire, prevenire e contrastare la violenza online. 
Oltre 700 i ragazzi e le ragazze, tra i 16 e i 29 anni, coinvoltə fra nord e sud Italia.

Insieme a Benedetta abbiamo indagato sui rischi e opportunità della tecnologia, dato un significato al fenomeno della violenza online in ottica di genere e capito quali possono essere i giusti strumenti per prevenirla e contrastarla. 

Qual è stata la motivazione che vi ha spinto a realizzare la ricerca?

Noi di ActionAid negli ultimi anni ci siamo concentrati su determinate fasce di popolazione, in particolar modo quella delle giovani neet, giovani tra 15 e i 34 anni che non studiano, non lavorano e non seguono un percorso di formazione, in Italia, purtroppo, sono oltre il 25%. 
Siamo partiti da un bisogno: capire come la tecnologia possa essere il giusto mezzo per coinvolgere questo target difficilmente raggiungibile. 
Inizialmente, abbiamo lavorato sull’aspetto di prevenzione del fenomeno neet e in questo modo ci siamo resə conto che la tecnologia offre delle opportunità ma può porre anche dei rischi importanti soprattutto per le ragazze. È nata così l'idea di unire due tematiche: empowerment giovanile e violenza online chiedendoci proprio cosa ne pensassero i giovani ragazzə. 
Il progetto è partito ad aprile 2022 fino ad aprile 2023. Si è concluso con un momento di restituzione insieme all’associazione Karmadonna per poi lanciarlo definitivamente a luglio. 

Let’s App è stata sviluppata a partire dall’utilizzo di LV8, il learning game di Fondazione Vodafone Italia nato per coinvolgere i giovani in percorsi di formazione digitale. Qual è stata la risposta dei ragazzə rispetto all’utilizzo dell’App?
Fondazione Vodafone
ha lanciato da qualche anno l’App LV8 che ha come obiettivo quello di supportare le ragazzə con percorsi di crescita dedicati alle competenze digitali. Uno scopo che ben si univa con le nostre intenzioni. 
LV8 è sviluppata su otto livelli in cui, attraverso la gamification, ragazzi e ragazze acquisiscono nuove skills digitali e non solo; sono previsti anche degli open badge utili per l'arricchimento del proprio curriculum vitae.
Let’s App l’ha utilizzata all’interno di un percorso laboratoriale di tre giorni. Due sono stati i filoni di risposta: grande partecipazione e velocità nel completamento registrando un + 10% (in linea con i dati di Fondazione Vodafone) ma anche difficoltà nel terminare i livelli, questo dovuto al background di alcuni ragazzə, molti non potevano permettersi, al di fuori del contesto scolastico, un’efficace connessione internet. 

La ricerca si focalizza sui rischi e le opportunità offerte da media e tecnologie con un’attenzione alle differenze riconducibili al genere e all’interazione fra questa e altre variabili in ottica intersezionale. 
Quali sono i principali insight a riguardo?
La ricerca è molto ampia. Tre sono gli aspetti principali emersi:

  1. Normalizzazione della violenza - soprattutto fra donne e ragazze - e in particolar modo della violenza di genere online. Una stragrande maggioranza riconosce la violenza online come un fenomeno grave e diffuso ma quasi nessuno afferma di averla subita o perpetrata.
  2. La violenza di genere online è intersezionale. Evidenza per noi molto importante, i motivi per cui una persona è spesso attaccata online sono sovrapposti: orientamento sessuale (+83%), disabilità (77%) e a seguire il colore della pelle. Tre fattori di vulnerabilità che se intersecati tra loro aumentano il rischio di violenza.
  3. Il concetto dell’onlife. I ragazzə vivono in un ibrido; le azioni offline hanno ripercussioni online e viceversa.
    Le ragazze hanno affermato di aver maggior timore nell’esporsi online per paura di un’escalation offline.

In che modo la ricerca ha adottato un linguaggio inclusivo? 
Qual è la vostra posizione a riguardo?
È una riflessione che stiamo facendo, l’esercizio richiede tempo. Questa ricerca utilizza consapevolmente lo schwa e rispecchia la posizione di ActionAid, dato che stiamo lavorando moltissimo anche internamente sul linguaggio, cercando di utilizzare sempre almeno il linguaggio binario ma sempre di più un linguaggio inclusivo, anche attraverso l’uso dello schwa. 
Crediamo che sia necessario far sentire chiunque parte della società. Non tutte le ragazze e i ragazzi si identificano in un genere. Lo schwa non è semplicissimo da leggere ma quello che cerchiamo di fare è rendere la lingua italiana più inclusiva possibile.

Cosa intendiamo quando parliamo di violenza online e perché è anche una questione di genere?
Purtroppo ad oggi non esiste una definizione condivisa a livello globale di violenza online.
Dopo aver raccolto le informazioni emerse grazie alla ricerca, ActionAid l’ha definita così: qualsiasi atto di violenza che si manifesta nello spazio online o che è veicolato attraverso mezzi di comunicazione digitali. Questo include atti di violenza che provocano o potrebbero provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali, economiche nel mondo online e offline. 
Sono soprattutto le donne che subiscono per questo parliamo di violenza di genere online o sessismo online.
Alla base della violenza di genere digitale ci sono atteggiamenti che tendono a giustificare o a promuovere l’idea dell’inferiorità femminile e del controllo che l’uomo assume sulle donne. 
Viviamo ancora in una società arcaica con forme di disuguaglianza nel potere.

Quanto la violenza online è presente nel digitale? 
L’88% degli intervistatə l’ha definita molto grave e preoccupante
. Rilevante in questo senso il genere: 95% delle ragazze la considera “moltissimo grave” contro un 76% dei ragazzi. 
Ciò potrebbe essere connesso all’esperienza negativa che le ragazze vivono nel mondo online. 

Quanti sono i giovani che hanno subito violenze online e quali sono gli strumenti utili per contrastarla?
Consideriamo che i ragazzi non riescono a riconoscere la violenza online quindi è difficile intercettare un numero specifico. 
Un episodio che vorrei riportare: ad Agrigento solo dopo che un’operatrice ha mostrato un esempio concreto (foto intime diffuse su WhatsApp) i ragazzə hanno saputo riconoscere cosa significasse davvero subire una violenza online.
È essenziale fornire strumenti sia per conoscere fenomeni violenti ma anche per imparare a saper reagire
È necessario sapere chi contattare e cosa fare in caso di violenza online, spesso alla domanda “sapresti cosa fare?” La risposta è no. 
Abbiamo stilato perciò un toolkit di autodifesa verbale digitale, una breve guida pratica per giovani, familiari e comunità educanti. 

In Italia purtroppo sussiste un significativo divario digitale legato al genere. Da cosa deriva secondo il tuo punto di vista il gender digital divide? Come la nostra società può limitarlo? 
Il divario di genere è parte di un sistema di disuguaglianze radicato nella nostra società; dal mancato accesso all'istruzione, fino agli stereotipi legati alle materie STEM che inevitabilmente si ripercuotono nel mercato del lavoro. 
Recentemente ho partecipato ad un incontro dove ho sentito parlare Alexa Pantanella, esperta di diversity, e ho scoperto che il gender digital divide inizia dai desideri dei bambinə, un fenomeno rinominato: Dream Gap, la differenza nei sogni per il futuro tra i bambini e le bambine. Bisogna agire sulle cause per evitare di lavorare su conseguenze quasi irreparabili.

La ricerca indaga anche il rapporto fra le giovani generazioni e i social media. Esiste una differenza nell’utilizzo dei social rispetto al genere?
Il genere influenza più aspetti del mondo digitale. Le ragazze risultano più prudenti nelle condivisioni di info personali e immagini, inoltre sono più attive nell’utilizzo dei social. L’abitudine di restare svegli fino all’alba utilizzando il proprio smartphone viene definita da un vero e proprio fenomeno: Il vamping
“Voglio che qualcuno mi blocchi” è stato questo l’allarme lanciato da una giovane donna durante un focus group, una confessione che fa riflettere.
Infine, rispetto ai ragazzi, sono meno coinvolte nel commettere atti di cyberbullismo. 

Le nuove tecnologie sono in grado di promuovere percorsi di empowerment socio-economico, culturale e politico con particolare riferimento alla dimensione di genere. Come il digitale può offrire delle opportunità in questo senso? 
È emerso che attraverso lo smartphone è possibile anche informarsi. Sempre più ragazzi parlano di social come mezzo per creare possibili forme di lavoro e infine internet è visto come uno spazio per mettere in mostra il proprio talento. 

Definite la vostra indagine una ricerca-azione. Chiedete al Parlamento di introdurre nel codice penale la violenza di genere online. 
Quanto è importante il supporto di una normativa legislativa che tuteli le vittime di violenza online? Esistono delle forme di violenza digitale che sono già tutelate? 
Parliamo di ricerca-azione perché vogliamo fare delle richieste che sappiano poi diventare vere e proprie istanze da sottoporre al Dipartimento delle Pari Opportunità. 
La violenza online e la violenza di genere digitale non sono oggetto di reato, solo alcune forme di violenza digitale sono tutelate: l’utilizzo di strumenti informatici è valutato come un’aggravante di pena. 
Quello che ActionAid chiede al Parlamento è: 

  1. Introdurre nel codice penale una fattispecie di reato specifico che punisca la condotta intenzionale di violenza e odio online utilizzando le nuove tecnologie;
  2. Includere specificatamente la prevenzione nel piano strategico antiviolenza. Questo è essenziale anche per tutti i centri antiviolenza che ogni giorno ricevono richieste d’aiuto. 

Sappiamo che è prevista una nuova edizione: “Let’s App again!” Tecnologie per l’empowerment economico e sociale giovanile”. 
Cosa dovremmo aspettarci?
La seconda edizione è iniziata a giugno 2023 e terminerà a giugno 2024 sempre grazie al finanziamento di fondazione vodafone e al supporto dei partner locali. 
Il progetto si concentra maggiormente sul tema dell’empowerment a 360° in cui abbiamo aggiunto anche un incontro nel nostro percorso laboratoriale, un appuntamento per esercitare l’immaginazione e prendere coscienza delle proprie competenze. Prevediamo un nuovo toolkit per tuttə gli insegnanti che accompagneranno i ragazzə. 

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